“Grazie per quest’altro giorno insieme”.
Tu sorridi e vedo scendere una lacrima, mentre ribatti: “Ma se non ho fatto niente…”
Niente? Sicuro, sicuro? Sopravvivere a un intervento di 9 ore, con doppio bypass e una suturazione di un duodeno perforato, è niente? Passare sopra ai dolori e alle complicanze post-operatore è niente?
Ti hanno aperto, sventrato, tagliato e ricucito con rischi altissimi, assumendosene la responsabilità perché tu per primo te la sei assunta acconsentendo a un’operazione più unica che rara, data la complessità potenziata dal tuo fisico ormai sfibrato. Eri stato molto chiaro: “Voglio solo stare bene, fate ciò che dovete”. E un giovane, grande chirurgo, ha fatto ciò che forse si doveva fare da mesi: metterti le mani addosso. “È inoperabile. È troppo debole. È troppo rischioso”, era sempre stata la prognosi. E tu, con tenacia degna di un moschettiere d’altri tempi, hai resistito e sei sopravissuto, dando un senso alla nostra famiglia o, meglio incoraggiando il vero senso di famiglia, unita e temprata dalla resilienza.
Perché grazie a te siamo una famiglia che sta imparando a sopra vivere, ovvero vivere sopra le aspettative, sopra le paure, sopra gli individualismi.
Poco prima che ti venisse la pancreatite ti avevo chiesto se fossi disposto a cambiare pur di uscire da quel senso di distanza, assenza e frustrazione alimentata da aspettative, pretese, giudizi che sembravano distruggere non solo noi due, ma prima di tutti i nostri figli.
Presi il coraggio di farti quella domanda perché guardandoci da fuori vedevo due persone isolate in una resistenza egoica, sebbene da anni fossimo un padre e una madre prima che una coppia trasformata in famiglia. Osai scendere in campo apertamente, perché sentivo che dovevamo uscire dai nostri stereotipi, per riconoscerci responsabili della loro e della nostra esistenza.
“Possiamo scegliere – ti scrissi - di stare insieme nel bene e nel male o di chiuderci nel nostro guscio.
E se scegliamo di stare insieme ci stiamo, in tutto e per tutto, anche nel male, senza giudizio, senza “Ma...”, senza “Non è vero…”, “Esageri…”, “Dovresti…”, “Non è un mio problema…”: queste espressioni hanno fatto il loro tempo. E i lori danni. Anche basta. Il problema esiste ed è un Nostro problema. Mio e tuo. Non esiste rimbalzo di responsabilità. Esiste la possibilità di trasformare i problemi in progetti, per noi, tra noi, per loro. Quindi la domanda è: sei disposto a cambiare?"
Ti inviai quella mail con il cuore in gola e la vita ci rispose prendendoci per il collo. Per sopravvivere, tu sei cambiato, io sono cambiata e noi ci siamo trovati a sopra vivere come mai avremmo immaginato, senza sentirci più ingabbiati in quel vuoto reticolo di vetro cemento, ma sostenuti da una rete di luce e di connessione intrisa di affetto. E di stima.
Dici che l’affetto e la stima si devono conquistare con l’esempio: beh, mi sembra tu ce ne stia offrendo parecchi, di esempi! Tenacia e coraggio, innanzitutto, per non parlare dei tanti altri buoni esempi di umanità, gentilezza, professione, responsabilità, cura, comprensione, che ci hai permesso di conoscerne in quest’avventura incredibile. Perché incredibile lo è stata e continua a esserlo se ci giriamo indietro, scoprendone un senso che fino a poco fa ci era precluso da una smania di controllo incontrollabile. Proprio quando ci siamo ritrovati sfibrati da questa ossessione di sapere, di prevedere, di guarire, si è manifestato il senso di questa agonia e forse il senso del nostro vivere: stare con ciò che c’è, accogliendo solo il presente ed escludendo un passato che ormai ha fatto la sua storia e anche un futuro, su cui non abbiamo alcun potere. Starti accanto mi sta autorizzando a sopra vivere la morte. E sopra vivere la morte sta permettendo di vivere la vita. Di vivere consapevolmente la vita, maturando con le prove che superiamo, abbracciando la compassione che proviamo, scaldandoci con gli affetti che solo nel buio manifestano la loro luce più potente. “Non avevo e tuttora non ho paura perché in fondo ho avuto tutto”, mi hai sussurrato dalla tua postazione in terapia intensiva. Già, direi che entrambi abbiamo avuto tutto, ma proprio tutto dalla vita, in primis il lusso di ringraziare questa benedetta esistenza e resistenza, perché comunque vada ci sta regalando un altro giorno ancora, ammirato, colto, assaporato, affrontato, scoperto, accettato, difeso. In estrema sintesi vissuto, sopra ogni dubbio.
La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. La vita è una sfida, affrontala. La vita è un dovere, compilo. La vita è un gioco, giocalo. La vita è preziosa, abbine cura. La vita è una ricchezza, conservala. La vita è amore, donala. La vita è un mistero, scoprilo. La vita è promessa, adempila. La vita è tristezza, superala. La vita è un inno, cantalo. La vita è una lotta, accettala. La vita è un’avventura, rischiala. La vita è felicità, meritala. La vita è la vita, difendila.
(Madre Teresa di Calcutta, Inno alla vita)
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